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sabato 20 dicembre 2008

Hip hop, musica del nuovo millennio

Successo dopo anni di gavetta nell’underground per i più noti e speculazione da parte degli artisti in declino

Successo dopo anni di gavetta nell’underground per i più noti e speculazione da parte degli artisti in declino
Il panorama musicale italiano negli ultimi anni ha subito un cambiamento non indifferente, portando sempre più alla ribalta gli MC e i vari esponenti della scena hip hop italiana, che dopo qualche spiraglio negli anni ’90, ha sempre vissuto in penombra, esprimendosi tra i cunicoli dell’underground.
Ogni volta che ci si affaccia ad un nuovo decennio, si assiste ad un cambiamento più o meno drastico di stili e tendenze musicali, le quali poi ovviamente incidono anche su modi di vivere e vestire. Cambiamenti musicali spesso portati da venti anglo-americani.
Si è passato dagli “urlatori” alla Beat Music dagli anni ’50 ai ’60, a musiche e testi spigolosi nei ’70 dopo le rivolte del ’68, alla musica più elettronica nuovamente meno impegnata degli ‘anni 80 al fritto misto degli anni ’90, dove anche il rap, la dance o il rock più duro si tramutavano in pop music.
Nei primi anni del nuovo millennio dagli U.S.A. arrivano ondate di musica hip hop, le quali invadono le televisioni musicali e le radio di mezzo mondo, Italia compresa. Se in Italia la gente non consumatrice di rap, conosceva a malapena Puff Daddy o al massimo, nella vesti di attore brillante, Will Smith, grazie al successo del telefilm omonimo, imparerà ad apprezzare gesta e sguardi da gangsta dei vari Jay-Z, Snoop Dogg, 50 cent. Tutta gente poco raccomandabile che con la musica è riuscita ad arricchirsi, facendo conoscere al mondo intero il rap, quest’arte metropolitana della quale hanno usufruito, cavalcando l’onda, anche artisti in declino come Mariah Carey o altri in ascesa come Justin Justin Timberlake o le icone femminili Jennifer Lopez e Madonna. L’unico che forse non si è venduto, ma sicuramente il più venduto, è quel Marshall Bruce Mathers III, noto come Eminem, che, mantenendo sempre il suo irriverente stile, ha preso a schiaffi il mondo, mostrando anche sugli schermi il degrado, la dura realtà dalla quale nascono le parole di questo genere di musica, strumento di rivalsa.
In Italia i discografici, fiutando l’affare, notando il successo di 8 Mile nei cinema e la grande affluenza di gente nei locali hip hop, hanno iniziato a guardarsi in giro, pescando qualche talento.
Sono sorti fenomeni musicali, ma direi anche di costume come Fabri Fibra, proveniente già dallo sbalorditivo successo di Mr. Simpatia, secondo album da solista, prodotto e distribuito da un’etichetta indipendente. Le major fiduciose, hanno dunque lanciato anche altri artisti come il bolognese Inoki; Nesli, fratello di Fabri Fibra e Vacca, rappar di Quarto Oggiaro, periferia milanese, anch’egli come Nesli facente parte della crew del rapper marchigiano e presente sul palco ai suoi concerti.
Non saranno paragonabili alle East Coast e alla West Coast statunitensi, ma anche qui in Italia abbiamo diverse fazioni: un’altra, oltre quella succitata, è prettamente milanese, da anni impegnata nell’underground, lanciata ultimamente sul grande mercato dalle major, seppur con successo inferiore all’indiscusso, almeno sul termine di vendite, Fabri Fibra. Le colonne portanti di questa scuola di rappers sono i membri di Club Dogo e Dogo Gang, dalle quali è spiccato al grande pubblico il siciliano Marracash.
Le tematiche sono state rispettate sia da Fibra e company che dal secondo gruppo di rappers nei loro dischi prodotti dalle major, nonostante i fan di Fibra, che ritengono per l’appunto Mr. Simpatia il miglior album dell’artista, e i vari estimatori di hip hop accusino il signor Tarducci di aver cambiato stile per il denaro. Al di là del fatto che se una persona può far soldi con la musica o qualsiasi altra forma d’arte, evitando quindi di andarsi a stressare con un lavoro normale, questa persona non dovrebbe esser denominata come venduta, gli ultimi due dischi di Fabri Fibra sembrano avere un’impronta diversa per il semplice fatto che il beat è stato prodotto da Fish, tra l’altro uno dei miglior produttori musicali di stampo hip hop che si possono trovare in Italia. È normale, dunque, che cambiato dj, cambia beat e se poi il beat risulta essere poco underground, ciò non è un difetto a priori.
I Club Dogo si sono fatti conoscere al grande pubblico col singolo dal titolo colorito “Mi hanno detto che la vita è una P******, contenuto nell’album “Vile Denaro”. Sound e tematiche rimaste invariate, forse fin troppo. Sicuramente è la politica della loro musica e cercano di improntarsi su un determinato stile, ma alla fine risultano monotematici e snervanti dato che non fanno altro che esaltarsi a gangsta, dimostrandosi più dei bulletti di periferia che dei veri criminali. Dovrebbero illustrare meglio le problematiche dell’ hinterland milanese, piuttosto che fare gli spocchiosi, dicendo che nei loro quartieri si spaccia e si ruba per vivere. A parte il fatto che la droga oggi è venduta anche da gente insospettabile, magari proprio per arrotondare lo stipendio e non si trova dunque solo in periferia, i quartieri periferici milanesi non sono certo i distretti del Bronx o città del Sudamerica. Sono più rappresentabili come quartieri, una volta dormitori, dove la maggior parte della gente lavora. In passato dormitori, poiché, a quanto pare, supermercati e farmacie e altri servizi oggi non mancano, rispetto a molte periferie del sud Italia. Anzi, molto più pericolosi sono quartieri come Scampia a Napoli o lo Zen a Palermo. L’atteggiamento di certi rappars nelle loro rime, è senz’altro fuori luogo.
Molto meglio la frustrazione, spesso espressa con simpatica irriverenza, di Fabrizio Tarducci, alias Fabri Fibra. Frustrazione vera, di vita vissuta, dunque di pessime situazioni lavorative, ragazze dalla dubbia dignità morale, sconforto derivato dal fatto che la sua musica piace, ma non gli consente di cambiare la vita. Tutto questo c’era nei suoi dischi underground, adesso, in “Tradimento” e ancor di più in “Bugiardo”, ci sono la frustrazione e la rabbia procurate dal degrado morale del mondo del successo. C’è chi lo accusa di fare il verso ad Eminem. Sicuramente come stile nei testi ci avrà preso spunto e ancor più sicuramente nel cambio di voce in alcune sue canzoni, ma resta pur sempre quello che ci sa fare di più col microfono in Italia. Abbiamo avuto i cloni di Elvis a Sanremo negli anni ’60, siamo pieni di gente che si crede Vasco e che magari ha anche avuto un discreto successo, seppur sembrano delle parodie, perché dovremmo denigrare un’ottima copia? Tra l’altro gli italiani preferiscono comprare ottime copie piuttosto che gli originali.
Di cattivo gusto, parlandone sempre da spettatore esterno, è il presunto riavvicinamento di J. Ax e company all’hip hop. Il signor Aleotti sin da quando faceva rap, si dichiarava estromesso a certe realtà, per non parlare dei Gemelli Diversi che hanno sempre puntato su uno stile pop, poiché dicevano loro stessi nelle varie interviste, che essendo in Italia, il nostro rap dev’essere accompagnato dalla classica musica melodica italiana che viene esportato in tutto il mondo.
E dunque si è visto il dissing fuori luogo dei Gemelli Diversi che si sono sentiti offesi, perché non accettano il fatto che possono non esser graditi da tutta la popolazione terrestre, attaccando, prettamente a scopo pubblicitario, su Youtube, il povero Fibra che aveva osato nominarli, dicendo al mondo che quelli non gli sono simpatici.
Ultimamente si è visto il ritorno di J. Ax, dopo l’imbarazzante album da solista, che comunque ha venduto le sue copie. Ritorno all’hip hop avvenuto con varie collaborazioni con queste gang milanesi, che spesso sembrano ricordare il grande J. Ax di “Così com’è”, “Così mi tieni”, “Non c’è rimedio”.
J.Ax rimane un grande artista, che, insieme all’ormai ripudiato dall’ex Spaghetti Funk, Dj Jad, ha costituito un pezzettino di storia della musica italiana. Grande artisticamente, un po’ meno come uomo si direbbe, a questo punto, ma alla fine siamo uomini e non caporali. Certo, però, se nel DVD la “Riconquista del Forum” si sente un J.Ax, godersi insieme allo spettatore il DVD, sbeffeggiare il rap, poiché non potrà mai dare le emozioni di un concerto rock, è normale che un appassionato di musica, qualsiasi essa sia, si senta preso per i fondelli. E d’altronde è lo stesso J.Ax, nella canzone “Fattore wow”, cantata con Marracash e l’ MC dei Club Dogo Guè Pequeno, a definirsi un pappone slavo a discapito della musica italiana. Anche il fatto che nelle sue rime, stia continuamente a ribadire i successi che ebbero i suoi dischi, non è che sia da apprezzare, anzi dimostra un atteggiamento infantile, ma forse è l’unico atteggiamento che ci si possa aspettare da chi il successo lo ha colto giovanissimo, senza far vivere in prima persona le difficoltà della vita.
Non si vuol criticare chi cambia percorso musicale, ma chi a seconda dell’aria che tira, ci si improvvisa a fare un certo genere musicale. Ma già si poteva dedurlo, quando nella seconda metà degli anni ’90 andava molto la musica latina e gli Articolo 31 se ne uscirono con “Guapa loca”. Una coerente incoerenza, la quale procura la nausea se si ascoltano dichiarazioni del tipo “Se l’album va male, faccio il muratore.” Qui nessuno vuole dare giudizi, al massimo si vogliono dare considerazioni. E considerazioni positive andrebbero fatte all’ex rapper Neffa che dimostra come si può cambiare genere, realizzando sempre musica di ottima qualità. Qualsiasi percorso possa intraprendere un uomo nel lavoro, nella vita, ci si sacrifica con perseveranza per raggiungere degli obiettivi, cercando di ottenere degli ottimi risultati. E può capitare di ricominciare da zero, ma ci si riprende per fare meglio di prima. E questo ha fatto Neffa, ha ricominciato da zero, facendo una musica soft-pop, swing, senza cambiare mai, migliorandosi sempre, regalandoci altre perle degne di “Aspettando il sole” e “Non tradire mai” . Ecco, egli è un chiaro esempio di professionalità.
Beh parlare di etica e professionalità al giorno d’oggi risulterebbe come raccontare una barzelletta, a maggior ragione nella discografia e nello show-business, quindi tutto questo è come se non fosse stato detto o, per la precisione, scritto.


Francesco Favia

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